Da alcuni anni la zona archeologica di Akrai è oggetto di scavi importanti da parte dell’Università di Varsavia sotto la direzione della professoressa Roksana Chowaniec, collaborata dalla dott.ssa Marta Fitula. L’archeologa Roksana innamorata della Sicilia e dell’epoca romana, sta svolgendo scoperte meravigliose per la nostra Palazzolo aggiungendo una storia, là dove risulta un vuoto culturale e storico del periodo romano palazzolese. Una casa romana, vicino all’agorà sembra appartenere a famiglia importante. Ringrazio la professoressa per avermi rilasciato un’intervista rigorosamente scientifica.
Come è nata questa passione riguardo lo studio della Sicilia “romana” dal punto di vista archeologico?
“La Sicilia, prima provincia romana – dice la professoressa Roksana– dal punto di vista archeologico sembra molto conosciuta. Ma da uno studio più profondo, soprattutto analizzando i reperti archeologici, emergono tante lacune e incognite. Queste sono il risultato delle ricerche, ma anche dell’interesse limitato degli studiosi per l’archeologia della Sicilia romana“. Per questo motivo la prof.ssa Roksana Chowaniec dell’Università di Varsavia si è interessata all’archeologia siciliana romana, all’architettura romana, province romane, cultura materiale romana, i contatti dell’Impero Romano.
Una casa romana: La Sicilia prima provincia romana
La professoressa dice: “Per Roma, la Sicilia fu famosa come regione ricca di prodotti della terra. Ma dal mio punto di vista è necessario ricordare che la Sicilia era la prima provincia, cioè il luogo in cui furono introdotte la nuova amministrazione, la riscossione delle tasse, ecc. Inoltre, la Sicilia era greca, quindi la cultura greca ha influenzato il mondo ‘romano’. È estremamente interessante osservare la compenetrazione delle culture”.
Quando lei è arrivata a Palazzolo cosa è successo?
Quando sono arrivata a Palazzolo –dice Roksana– mi sono innamorata di Akrai e del paese. Nel 2009 in collaborazione con la Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Siracusa, rappresentata dal dott. Lorenzo Guzzardi, direttore del Parco Archeologico di Eloro e della Villa del Tellaro e delle aree archeologiche di Noto e dei comuni limitrofi e anche con la dott.sa Rosa Lanteri, direttore del Servizio Beni Archeologici a Siracusa, l’Università di Varsavia, nella mia persona e nella persona della dottoressa Marta Fitula ha avuto inizio la ricerca ad Akrai. Negli anni successivi, nuovi direttori e dirigenti hanno collaborato al progetto. Questa collaborazione è sempre stata molto fruttuosa.
Le domus erano di due tipi: domus o insula. La domus scoperta ad Akrai di che tipo era?
Dagli scavi precedenti ad Akrai (barone Judica, Bernabò Brea, Giuseppe Voza) poco si conosce dell’edilizia privata e delle fasi della città successive alla conquista romana. Quindi la ricerca archeologica, svolta dalla nostra Università- dice la professoressa, – è focalizzata al funzionamento di Akrai dopo la conquista romana. Gli scavi sono localizzati nella parte centrale della città antica, ad un isolato adiacente la plateia principale est-ovest. Lo scavo ha messo in luce una serie di strutture di età tardo-antica e bizantina, legate ad attività artigianali. Queste strutture di età tardo-antica e bizantina coperte da abitazioni tardo ellenistico-romane: una casa a peristilio, con ambienti che circondano su tre lati un cortile centrale, con scarsi resti del porticato e una cisterna.
Una casa romana: può descrivere la Domus?
Il cortile si pensa che fosse più ampio, con una serie di ambienti solo sui lati ovest ed est, in seguito ridotto per la costruzione di ulteriori ambienti anche sul lato sud. Nella parte meridionale abbiamo scoperto due ambienti aperti probabilmente su un secondo cortile. Non è chiaro, al momento, se gli ambienti meridionali appartengano ad un’altra abitazione, adiacente alla precedente, come farebbe pensare il fatto che il muro nord sia soltanto raggiunto dai muri trasversali degli ambienti più settentrionali e non ammorsato ad essi. Tuttavia, non è da escludere che si tratti di una casa con più cortili, tipologia attestata in ambiente siciliano, talvolta come risultato dell’estensione e unificazione di abitazioni precedenti. Solo la prosecuzione dello scavo potrà accertare se si tratti di un’unica abitazione, articolata con più cortili sull’asse nord-sud.
Una casa romana: Quando è stata costruita la domus?
Comunque, le strutture sembrano estendersi e occupare tutta la larghezza dell’isolato (insula). La casa era costruita agli ultimi decenni del III secolo a.C., dopo l’età ieroniana. Poi, la zona residenziale, passo dopo passo, è riorganizzata, le camere furono ricostruite o divise. Al fine del I secolo a.C. ed all’ inizio del I sec. d.C. potremmo dire che nuovi elementi Romani sono stati aggiunti. La qualità e i diversi tipi di reperti erano molto preziosi, fatti di avorio, oro, carneolo.
La domus romana apparteneva ad una ricca famiglia patrizia?
I vari reperti trovati, la dimensione della casa, e anche la posizione dell’edificio nella parte centrale della città, vicino all’agorà, indicano che la casa avrebbe potuto appartenere ad una famiglia importante. L’abitazione presenta, in ambienti posti rispettivamente sui lati est, sud e nord del cortile, intonaci parietali dipinti (di colore giallo, rosso e grigio su fondo bianco e linee grigie verticali, ma anche azzurro, nero e bianco su fondo giallo), ancora in situ, mentre altri frammenti di intonaci dipinti provengono da strati archeologici non intaccati dalla costruzione di età tardo-antica.
Cosa presenta uno degli ambienti?
Uno degli ambienti presenta un pavimento in opus signinum, con motivo a meandro e svastiche alternate a quadrati con tessere di marmo centrale. Questo ambiente indubbiamente appartiene alla fase più antica dell’abitazione e lo stato di usura del pavimento dimostra un lungo utilizzo. Altri ambienti presentano i pavimenti – cocciopesto, costituiti da calcina giallastra. L’ambiente con opus signinum potrebbe essere la parte “rappresentanza della casa”, con funzione di andron/triclinio.