Non tutti sanno che nella zona degli Iblei vive una particolare specie di insetto appartenente alla famiglia dei Fasmidi o insetti stecco, dell’ordine Phasmatodea. Un gruppo di studiosi dei Fasmidi operante in Toscana si occupava di questa specie che conta oltre 2.500 specie diffuse in tutti i continenti. La zona degli iblei è patria di almeno tre specie diffuse ed esclusive della zona siracusana e della zona di Ragusa.
La scoperta negli anni ’80
Queste specie furono scoperte negli anni ’80 del novecento dall’Istituto di Genetica dell’Università di Roma. Due ricercatori Giuseppe Nascetti e Luciano Bullini avevano studiato la zona di Noto e avevano scoperto delle specie nuove per la scienza. Successivamente il toscano Simone Berni estese le sue ricerche nella zona di Palazzolo Acreide. Personalmente devo a mio padre l’amore per la storia di Palazzolo a 360 gradi e l’aver conservato anche il resoconto del Viaggio di Berni per la scoperta di quest’insetto particolare di cui esporrò una sintesi.
Gli insetti stecco: un’ipotesi di viaggio
Il racconto di un viaggio nella zona degli Iblei venne scritta da un socio del Gruppo di studio dei Fasmidi (Phasmid study Group), il toscano Simone Berni. Il suo Viaggio negli Iblei in cerca di insetti stecco. Resoconto naturalistico di un toscano in terra di Sicilia venne pubblicato in cinque parti sul giornale locale “Il Corriere degli Iblei” a cominciare da gennaio 1998. Il Berni per le escursioni nella zona iblea contattò l’associazione Ente Fauna Siciliana. L’associazione si mise a disposizione.
Gli insetti stecco: descrizione dei luoghi
Il Berni descrivendo la zona iblea disse: «Mi sentivo su un’isola dentro un’altra isola. Lungo le strade, rocce bianchissime e oleandri rigogliosi. Da Floridia verso Palazzolo Acreide robusti alberi di carrubo fiancheggiavano qua e là la via. Non poteva non colpirmi l’aspetto dei campi, attraversati da una complicata rete di muretti a secco molto bassi, delimitanti chissà quali ripartizioni. Arrivando a Palazzolo, davvero magnifico lo scorcio del cimitero monumentale. Mi dette l’esatta sensazione di una civiltà dalle grandi tradizioni».
La visita ai luoghi iblei
Una guida naturalistica, Paolo Uccello, accompagnò Berni a visitare la zona iblea. In località isola Ardito si trovavano i rovi del genere Rubus. Il rovo è la pianta che alimenta gli insetti stecco dell’area mediterranea. In questa zona esistono innumerevoli sottospecie di questa pianta. Il Berni iniziò a ispezionare i primi roveti. Dopo aver vistato Pantalica il Berni cominciò a ritracciare i primi esemplari di insetti stecco nei sobborghi di Palazzolo; si trattava della specie comune “Bacillus whitei”, ma esclusiva dell’area iblea.
Gli insetti stecco: la scoperta dei siti
Il Berni scoprì siti interessanti per l’individuazione degli insetti di giorno. Siti che sarebbero stati ispezionati di notte “approfittando della maggiore attività di tali insetti”. Nell’escursione notturna, camminando lungo la strada che andava da Canicattini Bagni verso Siracusa il Berni trovò degli esemplari di “Bacillus lynceorum”. «Si trattava, dice il Berni, del più grande insetto stecco di tutto il Mediterraneo. La sua origine è ibrida, e si può riconoscere oltre che per le sue dimensioni, anche per alcune particolarità morfologiche evidenti ad un esame attento della sua parte addominale».
I primi risultati
La prima spedizione che risale al 1996 aveva dato la possibilità al Berni di aver trovato due delle tre specie endemiche che ricercava. La più rara il Bacillus grandii nella zona iblea non era stata ancora trovata. Il Berni in questo primo viaggio trovò questo particolare insetto nelle isole Egadi e precisamente nell’isola di Marettimo.
Il secondo viaggio
Nell’ottobre del 1997 Il Berni tornò nella zona degli iblei per continuare le ricerche di questi particolari insetti. In particolare il ricercatore desiderava trovare il più raro di quegli insetti e cioè il Bacillus grandii. La svolta avvenne grazie all’appassionato naturalista e fotografo Carmelo Milluzzo, palazzolese. In una zona fra Palazzolo e Canicattini, Milluzzo notò “uno stupendo maschio di Bacillus grandii su un cespuglio di terebinto, a circa due metri di altezza.
La sopresa del Berni
Per il Berni fu una sorpresa: prima di tutto per l’alta posizione, poi per essere in pieno giorno(i fasmidi si muovono di notte), ed infine per il tipo di pianta su cui viveva l’insetto. La letteratura scientifica per questa specie di insetto non riportava come alimento questo tipo di pianta cioè il terebinto. Un’altra sorpresa fu quella che tornando, il Berni, nello stesso luogo, di notte, constatò che questa specie rara di insetto si cibava sia di Lentisco che di Terebinto. Furono trovate almeno 20 coppie delle quali la maggior parte in pieno accoppiamento. Questa fu una scoperta inaspettata per le proporzioni.
Bacillus Grandii
L’insetto stecco, prima mitizzato, dopo la scoperta divenne privo dell’alone leggendario di “Araba Fenice”. Berni ci dice che riuscì ad “individuare molti esemplari prima che quegli insetti per l’umidità della notte si rintanassero nel folto della vegetazione”. Le ricerche furono pubblicate sul bimestrale dell’Ente fauna siciliana, chiamato Grifone. È interessante concludere questo percorso naturalistico con le parole di uno studioso del 1781, Dieudonnè de Dolomieu, riguardante la zona iblea: «Ci si trova in un paese che non rassomiglia per nulla al restante della Sicilia. Ci si trova su un altopiano esteso sopra un massiccio enorme di pietra calcarea, attraversato da burroni e gole profonde che lo incidono in diversi sensi , e che si riuniscono per portare le acque al mare di Libeccio».