In un momento così difficile, dove il tessuto sociale si è disgregato a causa di un male invisibile e inaspettato come il Covid19, parlare dei dolci e dei pani pasquali vuole essere da stimolo. Un’esortazione per ritrovare una coscienza collettiva che avrà voglia di ritornare alle tradizioni, di ritrovarsi, di partecipare alle iniziative comuni, di aiutarsi a vicenda. Allora ricordare i riti, che sono i centri propulsori sia del pensiero che dell’azione dell’uomo in momenti più decisivi della vita, aiuta a proiettarsi verso il futuro.
Pani e dolci della Pasqua palazzolese
Franco Messina nel quaderno intitolato Pani e dolci della Pasqua palazzolese, (pubblicata dal comune di Palazzolo nel 1987) ha scritto nella prefazione che «la Pasqua è lasciarsi dietro l’inverno, il chiuso di una stanza per uscire, per guardare il mondo, il domani, come si guarda una giornata di primavera». Questo pensiero scritto nel lontano 1987 si adatta bene a questo periodo buio e triste perché quest’anno la pasqua non sarà come le altre, ma aiuta a dare speranza per il futuro.
Il rito
Il rito dei pani e dei dolci, scrisse Giuseppe Rovella nel quaderno sopracitato, “nei nostri paesi, quindi anche Palazzolo, coinvolgeva tutte le fasce sociali, dai nobili ai borghesi, dai mastri, dai mercanti ai contadini. I riti però erano importati dalla società contadina, nel senso più largo del termine. La campagna avvolgeva gli interessi, le attività e le forme economiche di tutti”.
Ritualità pani-dolci
La ritualità pani-dolci, che viene evocata nella scrittura da studiosi delle tradizioni folcloriche, dice Rovella “caratterizza l’intero ciclo pasquale. Si distribuisce nei vari giorni dell’attesa liturgia, segue i misteri della morte e resurrezione del Signore, trionfando nei giorni di Pasqua e pasquetta”.
Significati magico-sacrali-esistenziali
Ai dolci di Pasqua viene legata una sequenza di significazioni magico-sacrali-esistenziali. Una connessione si presenta tra i fiori degli alberi e le forme “fiorite dei dolci preparati in casa”. Rovella dice che la sequenza la si trova “tra l’amore e la dolcezza che si svegliano nei cuori dei giovani, la letizia della Resurrezione cristiana con la promessa dell’immortalità, il misterioso congiungimento della vita e della morte simboleggiato dai dolci”.
Quali dolci si facevano a Pasqua?
A questa domanda rispose nel lontano 1987 Salvatore Corsino dicendo: «In casa si facevano i Palummeddi di pastaforte, i biscotti di uova. Ai bambini si faceva u panarieddu cull’uovu, con due uova dentro. Per le bambine la palummedda cull’uovu che poi si consumavano il lunedì di Pasqua. Come pasticceria facevamo l’agnello di pasta reale, u piecuru. Si preparava con marzapane e si decorava tutto a mano. Si preparava la cassata siciliana di ricotta e i palummeddi come quelli di casa. Dalla pastaforte che rimaneva si facevano i muscardini a forma di rombi».
Importanza dei dolci
Ogni momento importante della vita della società è caratterizzata dalla presenza dei dolci. Il professore Emanuele Messina ha scritto che «in una società semplice in cui le risorse economiche erano finalizzate ai beni primari del vivere, i dolci rappresentavano un dovere religioso». Inoltre la festa non sarebbe stata una festa senza dolci. Certamente, dice Messina se i dolci erano diversi a Natale e a Pasqua, era perché c’era “un’attinenza intima, segreta fra la festa e quel dolce, fra la forma e quell’avvenimento. Importante era il legame che si stabiliva tra il dolce e il prodotto locale; fra il dolce e il tempo-spazio”.
Tradizione gastronomica
La gastronomia siciliana vanta tradizioni assai antiche. La cucina è stata influenzata dalle varie dominazioni. A partire dagli Arabi che furono gli inventori della cassata siciliana. Ma la cucina tradizionale siciliana possiamo dire che è quella popolare. Questa è quella povera in contrapposizione a quella Baronale cioè ricca.
Ricetta: I Cassateddi di Pasqua
Per la pasta: farina gr. 700; zucchero gr. 100; strutto gr.70; Acqua q.b.; sale una presa. Per il ripieno: ricotta gr. 500; zucchero gr. 200; Uovo n.1; cannella in polvere una presa. Impastare la farina, lo zucchero, lo strutto e il sale con un po’ di acqua in modo da ottenere una pasta piuttosto dura. Lasciarla riposare per un’ora e poi stenderla con un mattarello. Ritagliarne dei dischi larghi 10 cm. e spessi 3mm. al centro dei quali sistemare un composto ottenuto mescolando con un cucchiaio di legno la ricotta, lo zucchero le uova e la cannella. Rialzare i bordi della pasta e richiuderli in alto con la pressione delle dita, guarnirle stendendovi sopra a forma di croce due listarelle di pasta. Passare al forno moderato e ritirarle quando le paste sono leggermente dorate. Si servono fredde.