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Il barocco ibleo e Giuseppe Ferrara

Il barocco ibleo, architetto Ferrara: prospetto Chiesa Madre

Un particolare studio sul barocco ibleo è stato  svolto dall’architetto Santi Rametta. Il testo di Santi si intitola Architettura religiosa del settecento negli Iblei attraverso l’opera di Giuseppe Ferrara (editore Maura Morrone, 2001). Trattare dell’architetto Giuseppe Ferrara è, dice l’autore, un impegno pieno di ostacoli, sia per l’ingente produzione artistica, sia per la sua abilità tecnica molto feconda. Santi Rametta con quest’opera è riuscito “a fare luce con sistematica attenzione filologica e notevole spirito critico su una delle tappe più gloriose della cultura architettonica barocca in Sicilia”.

Il barocco ibleo e l’architetto Giuseppe Ferrara

 Il Ferrara era di origine calabrese: luogo ricco di un’eredità politico-culturale derivante dalle diverse dominazioni: spagnola, austriaca, borbonica. La personalità del Ferrara era poliedrica. Egli aspirava, quindi “all’innovazione, all’invenzione, alla modernità al recupero delle tradizioni costruttive e decorative locali. Tutto ciò incideva profondamente sull’immagine stessa delle città e sul suo originale pensiero di architettura. Giorgio Muratore, professore all’Università la Sapienza di Roma, dice: «Dalla dimensione urbana del nuovo “disegno” delle diverse fabbriche barocche, sia le strade, le piazze, le scalinate, gli arredi, sia i decori degli edifici pubblici e privati diventano materiale spalmabile a significare le nuove dimensioni del progetto». L’opera dell’architetto Ferrara dà forma e significato all’immagine urbana sia laica che religiosa.

Architetto Ferrara: particolare della Chiesa Annunziata
Particolare architettonico della Chiesa dell’Annunziata (dal libro di Santi Rametta)

Il barocco ibleo a Palazzolo

Elementi peculiari sono le testimonianze del barocco siciliano e a Palazzolo le troviamo per esempio negli edifici di via Garibaldi e di via Carlo Alberto, le lesene guarnite da punte di diamante che adornano i portali di via Maddalena e di via Galileo. Spesso vengono utilizzati i repertori della storia dell’Arte visiva, un esempio è il Palazzo Zocco dove si trova una figura femminile iconograficamente confrontabile con il David di Michelangelo. Importante è la pietra utilizzata, che è un sedimento formatosi allo stato roccioso “per precipitazione organica”. Le sezioni più importanti sono realizzate con una pietra dura di origine calcarea, che come dice Rametta, “era impiegata nell’esecuzione delle complesse produzioni delle arti plastiche dal settecento in poi”. La pietra utilizzata a Palazzolo è a grana fine che si poteva trasformare e lavorare anche con utensili in legno (come scrive Vitruvio).

Il Ferrara a Palazzolo

Il Ferrara soggiornò a Palazzolo fino alla morte avvenuta fra il 1743 e il 1746. L’architetto operò subito dopo il sisma del 1693, in un periodo di molte incertezze a causa del succedersi di varie dominazioni, che si ripercuotevano sull’architettura nei centri minori. Il Ferrara comunque riuscì a creare “in seno alla tipologia locale una plastica chiaroscurale, caratteristica innovativa”. Sicuramente il barocco del Ferrara risente del contributo dato prima dalla dominazione spagnola, poi dalla piemontese ed infine da quella austriaca. Infatti Rametta dice che: «Prova tangibile di quanto detto sono la lavorazione dei ferri battuti, lo stile di alcuni edifici e perfino alcune costruzioni, come i blasoni nobiliari, clericali e quelle delle case regnanti intagliati nei prospetti». Il Ferrara e la sua arte si situano nel periodo più maturo  dell’architettura barocca siciliana che si dilaziona in un tempo più lungo rispetto al barocco romano  e continentale.

Libro di Santi Rametta Architettura religiosa
Santi Rametta, Architettura religiosa del settecento negli Iblei (editore Maura Morrone, 2001)

Ferrara e la sua formazione

Non si sa molto sulla formazione dell’architetto. Si sa di una sua capacità tecnica, che a Palazzolo “gli permette-dice Rametta– di esprimere nuove idee che informano l’architettura barocca degli iblei”.  Riguardo il suo stile, sono particolari i capitelli di ordine corinzio. L’architettura si mescola con la scultura. La sua opera riflette quell’evoluzione artistica molto diffusa nel Settecento. L’ordine architettonico degli edifici hanno stile e armonia. “L’intaglio da lui modellato, ha spigoli precisi”. Il Ferrara è collaborato da manovalanze locali assai abili come lo scultore don Vincenzo Farina che, dopo la morte del Ferrara, terminò le opere iniziate dall’architetto. Riguardo le chiese viene esaltata la monumentalità; infatti Rametta dice che: «le fabbriche conservano nelle pareti esterne una serie di possenti strutture verticali e a queste si interpongono una serie di decorazioni».

La prima opera: la chiesa Matrice

La prima opera importante è il progetto della chiesa Madre. Il Ferrara vi lavora come Faber murarius, incaricato da Don Paolo Rizzarella “deputato eletto per la fabbrica della Chiesa Madre”. Tonino Grimaldi scrive che: «Ferrara assieme a Scarrozza fabbricano i cinque pilastri della Matrice». Ma l’architetto non portò a termine i pilastri perché una perizia dell’architetto Mastrogiacomo di Ferla giudicò i pilastri “non essere sufficienti a poter sostenere il peso di nova fabbrica”.

La chiesa Matrice

Comunque la chiesa, sempre realizzata dal Ferrara, venne innalzata imponentemente, a croce latina e a tre navate con transetto. Vi sono due cappelle: una dedicata a san Giuseppe, l’altra al Sacro Cuore di Gesù. Qualche cappella laterale ha altari con colonne tortili binate. Il prospetto, a cui presumibilmente  Ferrara iniziò ad elaborare, crollò nel 1833. Quel prospetto si dice che rendeva più grandiosa la chiesa “soprattutto perché la parte alta slanciava e snelliva pregevolmente la prospettiva della fabbrica.

Il barocco ibleo e Giuseppe Ferrara ultima modifica: 2020-07-21T09:00:00+02:00 da Luisa Itria Santoro

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