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Il carretto siciliano un simbolo del folclore siciliano

Il carretto siciliano: Lipari Carrettino Siciliano (1)

Uno dei simboli folcloristici della Sicilia è il carretto siciliano. Il carretto siciliano comincia la sua storia agli inizi dell’800. In questo periodo sono costruiti con ruote molto grandi. Ciò è dovuto al fatto che era necessario affrontare la viabilità, costituta dalle cosiddette “trazzere”, strade extraurbane secondarie che collegavano i centri urbani principali ai centri minori. Le regie Trazzere, inoltre, erano le strade che percorrevano le greggi durante la transumanza stagionale. Le trazzere erano sentieri difficili da percorrere, perché vie assai ripide, con curve “a gomito” e notevolmente soggette a frane.

La prima descrizione del Carretto siciliano

Il letterato francese, il barone Jean Baptiste Gonzalve de Nervo, descrisse la Sicilia nel suo Tour en Sicile nel 1833 e, grazie a questo suo viaggio, fu il primo a parlare dei carretti descrivendoli come “una specie di piccoli carri, montati su un asse di legno molto alto; sono quasi tutti dipinti in blu, con l’immagine della Vergine o di qualche Santo sui pannelli delle fiancate. Il loro cavallo, coperto da una bardatura ornata di placche di cuoio e di chiodi dorati, porta sulla testa un pennacchio di colore giallo e rosso”.

Ruota Del Carretto Siciliano
Ruota: particolare di un carretto siciliano

Caratteristiche del carretto

Le caratteristiche del carretto siciliano le troviamo descritte dettagliatamente in un testo intitolato Il carretto siciliano nella civiltà artigiana. Tecnologie-arti-mestieri. Carri e viabilità nella storia  di Gemma Greco, palazzolese e il marito, Giuseppe Piccione (Siracusa, Tyche edizioni, 2013). La storia dei carri e delle carrozze, la tecnica di costruzione, la storia della locomozione sono descritti magistralmente. Gli autori analizzano il carretto dal punto di vista tecnologico e lo considerano come una macchina con le sue componenti in legno e in ferro e connesso con la forza motrice animale. Infatti il carretto-macchina è inerte senza il motore-animale. Importante quindi è il capitolo che riguarda i sistemi di traino. Infine sono stati descritti i vari elementi iconografici del carretto, che è espressione d’arte popolare nella pittura e nella scultura.

Le tipologie del carretto siciliano: la zona degli iblei

 Le tipologie del carretto si possono ricondurre a due aree: Sicilia occidentale e i territori di Palermo, Trapani e Castelvetrano. La seconda area: Sicilia orientale nel catanese e nel ragusano. Per quanto riguarda la zona iblea, le tecniche costruttive utilizzate e qui analizzate sono di tipo ragusano e chiamato ibleo perché  presente in tutta la zona iblea, quindi anche a Palazzolo.

Il carretto siciliano: Sponda di carretto siciliano alla ragusana
Sponda di carretto siciliano alla ragusana (da wikipedia.org/wiki/Carretto_siciliano)

Tipologie di carretti

In questa zona iblea si  hanno tre tipologie di Carretto: “u carrettu po sceccu”, il carretto per l’asino; “u mezzu carrettu”, il carretto per il mulo; “u carrettu”, il carretto per il cavallo. La differenza sta nel fatto che cambiano le dimensioni della ruote, mentre l’interasse rimane uguale. Il cavallo o l’asino venivano ornati con “finimenti” chiamati “armigghj” che venivano lavorate da u siddunaru. I finimenti erano in cuoio con ornamenti a tinte vivaci, cianciani, giummi. Nel comprensorio ibleo la conceria di Vizzini era la cunzirìa più pregiata. Il cuoio per le selle e i finimenti erano rinomati per morbidezza e resistenza. Mentre l’operaio che fabbricava u carrettu era chiamato carradore. Simile al falegname, il carradore realizzava le giunzioni con perfetta aderenza degli incastri.

Le pitture

Si può dire che dal 1860 fino alla prima metà del ‘900, la storia era scritta nei muri, ma anche nei carretti. Le pitture erano nate per dare  un tocco di colore alle giornate solitarie di chi guidava i carretti. Ma anche un mezzo di trasmissione culturale e religiosa considerato che i ceti umili erano analfabeti. I filoni pittorici quindi erano vari: inizialmente venivano dipinte le gesta dei Normanni contro i musulmani. Poi molto utilizzata era l’epopea storico-cavalleresca, narrata dai cantastorie, secondo l’antica tradizione dei “Cuntu”, cioè racconti cavallereschi cantati dai cantastorie che comunicavano con l’aiuto di dipinti ad acquerello. I pittori quindi prendevano a modello i testi rappresentati anche a teatro con l’opera dei pupi: Orlando Furioso, I reali di Francia, ma anche i promessi sposi, i tre moschettieri, e il ciclo carolingio.

Il carretto siciliano: libro di Giuseppe Piccione e Gemma Greco
Libro: Il carretto siciliano nella civiltà artigiana, di Gemma Greco e Giuseppe Piccione, Siracusa,Tyche edizioni, 2013

La decorazione pittorica

I pittori avevano una istruzione elementare, soprattutto nell’ottocento. Quindi i disegni avevano una prospettiva bidimensionale. Con una maggiore alfabetizzazione nel Novecento le tecniche prospettiche divengono tridimensionali. Riguardo il cromatismo, nella Sicilia orientale prevalevano i toni di azzurro e del verde, ma anche del rosso. La decorazione di pittura ad olio, nel territorio ibleo era di tre tipi: Mezza pittura: nei mascidderi(ovvero le sponde fisse del carretto) le scene erano molto snellite. Pittura media: aumentavano i personaggi nelle sponde e la varietà dei tabbaccheri (piccolo tondo ed ovale nelle stanghe o nella corona delle ruote con figure di animali, frutta e paesaggi)  nel traino. Pittura sana, completa: nelle sponde e nel portello erano raffigurate delle scene particolareggiate. Il carretto veniva dipinto  e decorato in tutti i suoi spazi, anche nelle stanghe e nelle ruote.

Il carretto siciliano un simbolo del folclore siciliano ultima modifica: 2021-01-26T09:00:00+01:00 da Luisa Itria Santoro

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