Elisa Ricupero e Gianluca Calvano sono due palazzolesi che da qualche giorno si sono vaccinati contro il Covid-19. Elisa lavora in un centro di riabilitazione ex art.26 in provincia di Catania dove sono ricoverati pazienti con deficit fisici, psichici e sensoriali. Gianluca è un medico specializzando in Urologia presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “Rodolico-San Marco” di Catania.
L’esperienza di Gianluca
La prima testimonianza è di Gianluca. “L’emergenza Covid ha fatto venire a galla purtroppo le non poche crepe che la sanità italiana nel corso dei decenni ha cumulato – racconta -. I pochi posti letto nelle terapie intensive, la scarsa presenza di una medicina del territorio. Congestionano ulteriormente le strutture ospedaliere pubbliche favorendone la progressiva privatizzazione. Il Covid ha determinato un aumento delle ospedalizzazioni.
Gianluca e le morti dei pazienti più fragili
Sono aumentate le morti specialmente nei pazienti più fragili – continua Gianluca- purtroppo causato da una significativa riduzione dell’accessibilità a tutti i servizi sanitari pubblici. Il tutto comporta e comporterà un ritardo diagnostico e terapeutico in tutte le branche mediche. Noi di Urologia specialmente nel periodo del primo lockdown, ci siamo trovati costretti a dover limitare notevolmente le sedute operatorie. Oltre alle prestazioni ambulatoriali e di Day Hospital. Viviamo nell’epoca dei social network, delle fake news dove a farne da padrone sono la disinformazione e lo scetticismo. Principi che raggiungono il proprio culmine specialmente in tema di vaccinazione”.
L’appello al vaccino di Gianluca
“Il vaccino – dice Gianluca – oggi rappresenta un atto di fiducia e un atto di generosità nei confronti dei nostri cari e dei soggetti più deboli. Vaccinarsi oggi è il più grande gesto di riconoscenza che ognuno di noi possa avere nei confronti di tutti coloro che la battaglia contro questo maledetto virus l’hanno giocata e, purtroppo, persa, non disponendo ancora delle armi efficaci per combatterla. Vaccinarsi per un medico non rappresenta un atto di egoismo ma uno dei più grandi gesti di altruismo. Perché proteggere se stessi vuol dire proteggere soprattutto i propri pazienti ovvero i soggetti più “deboli” per definizione”.
La testimonianza di Elisa
Elisa ci racconta: “ Nel nostro centro di riabilitazione abbiamo tre moduli. Il primo residenziale dove sono ricoverati 32 pazienti, uno diurno con 40 pazienti, e uno ambulatoriale con 38 prestazioni giornaliere. All’inizio della pandemia sono stati chiusi il modulo diurno e quello ambulatoriale. Il modulo residenziale è stato protetto con eccezionali misure di sicurezza. Da febbraio sono state sospese le visite dei parenti e impedito ai pazienti di ritornare a casa nei giorni consentiti.
La prima ondata al centro di riabilitazione
Durante il primo lockdown le paure erano altissime con tutti gli operatori che abbiamo totalmente ridotto la vita sociale per tutelare la salute dei pazienti. Con le precauzioni del caso e la massima attenzione la situazione è rimasta sotto controllo, nessun operatore è risultato positivo – ci racconta Elisa-. Ai primi di giugno l’apertura dei due moduli precedentemente chiusi ha riportato alla quasi normalità. L’ambulatorio è ripartito subito molto bene, alcuni bambini hanno avuto necessità di imminenti terapie e hanno potuto sfruttare tutti i servizi. La titubanza dei genitori ha rallentato la ripartenza del modulo diurno perché in molti hanno preferito tenere i figli tra le mura domestiche. Abbiamo avuto la presenza dei casi più gravi che magari i genitori oltre i due mesi non riuscivano più a gestire. L’estate è andata abbastanza bene.
L’arrivo della seconda ondata
Con l’arrivo della seconda ondata e l’innalzamento dei contagi si sono infettati alcuni pazienti e qualche familiare del modulo diurno. La tempestività nell’identificazione dei casi, l’utilizzo delle norme e delle protezioni, ha permesso di isolare il virus e non ci sono stati contagi nel centro neanche tra gli operatori. Il regime residenziale è sempre blindato come ad inizio pandemia. Le visite nel periodo estivo sono avvenute con i parenti a distanza e con tutte le protezioni necessarie. Non c’è stato il contatto diretto di cui i degenti residenziali hanno bisogno. E si sono verificate carenze affettive, non c’è stata la possibilità di svago perché è impedito loro di uscire dal centro”.
L’importanza delle vaccinazioni
Elisa e la vaccinazione. “Secondo me il vaccino è necessario – spiega-, perché occorre che l’opinione pubblica pensi anche a tutte queste persone meno fortunate. Solo l’immunità di gregge potrà farli ritornare alla normalità, alle brevi vacanze o alle gite al mare. Per recuperare quella quotidianità che manca a tutti noi figuriamoci a chi presenta particolari problemi. Alcuni clienti non possono essere vaccinati per via di altre patologie presenti. E’ quindi necessario che tutti gli operatori sanitari, medici, infermieri, terapisti per coscienza etica e morale dovranno vaccinarsi per tutelare questi soggetti.
I motivi della scelta della vaccinazione per Elisa
Molti pensano che il vaccino sia un qualcosa di nuovo, nato in breve tempo, ma non vedo altre alternative. Le morti per Covid ancora oggi continuano ad essere elevate. Ho deciso di vaccinarmi per tutelare i miei cari, chi mi sta intorno, ma soprattutto per tutelare questi pazienti che rappresentano la mia quotidianità lavorativa”.