Continuiamo a raccontarvi storie di giovani che vivono all’estero. Esperienze diverse di come si sta affrontando l’emergenza Coronavirus. In Germania vive Agnese Fazio. Una giovane ricercatrice amante della vita, solare. Ha messo in Germania le sue radici. Si è creata una famiglia e un futuro. L’emergenza rispetto dell’Italia è arrivata dopo. Ma lei è la sua famiglia hanno compreso subito che occorreva prepararsi. L’abbiamo intervistata per farci raccontare come sta vivendo questa situazione.
In Germania dove ti trovi e che situazione state vivendo in questo periodo?
“Mi trovo a Erfurt – dice – la capitale dello stato (regione – la Germania è una Repubblica federale e nella situazione attuale e nei paragoni con l’Italia questa differenza va tenuta in mente) della Turingia. La Turingia è uno dei nuovi stati nati dopo la riunificazione della Germania, inoltre è uno degli stati più piccoli e meno popolato. Questi fattori hanno contributo a una tardiva diffusione del coronavirus. Avendo seguito da vicino i fatti italiani, dall’insorgenza dei primi casi alle prime paure e restrizioni ci sembra di vivere in un film di cui sappiamo esattamente il copione, ma purtroppo non il finale.
Dal mio punto di vista la paura è più limitata rispetto a quello che avverto dall’Italia, ma i numeri della crisi sono ancora molto diversi. La percezione della situazione sta cambiando molto rapidamente. Più il coronavirus si avvicina e contagia più fa paura anche a coloro che finora lo hanno snobbato. Mi metto anche io in questa categoria. Ho sottovalutato le conseguenze di questo virus anche quando i contagi si facevano più numerosi. Mi sono ricreduta e pentita delle mie considerazioni di fine febbraio solo quando ho capito le drammatiche conseguenze che questo virus ha sul sistema sanitario”.
L’emergenza in Germania è scattata dopo. La tua vita continua come nella normalità o ti sei dovuta adattare a nuove abitudini?
“La vita mia e quella della mia piccola famiglia – aggiunge- sono cambiate completamente da martedì (17.03) o meglio da venerdì (13.03). Fino a giovedì (12.03) il problema coronavirus sembrava una cosa lontana, nessun presagio di possibili chiusure o stop alle varie attività. I primi segnali che qualcosa stava cambiando sono arrivati venerdì. Per darvi l’esempio della repentinità dei cambiamenti: giovedì ricevo il programma per un seminario che si sarebbe dovuto tenere da domenica sera a martedì. La sera del giovedì viene confermato il ristorante per la cena della domenica. Venerdì pomeriggio il seminario viene annullato. Sempre venerdì pomeriggio, a scuole già chiuse, arriva la notizia che le scuole chiuderanno dal martedì successivo. Seguono la chiusura di tutti i negozi tranne quelli essenziali, la riduzione dei mezzi pubblici, chiudono parchi, zoo, bar e ristoranti”.
“Ma tutt’oggi si può ancora uscire liberamente(escluse alcune cittá). Ma c’è il divieto di uscire più di due alla volta escluso persone dello stesso nucleo familiare. Restare a casa è un consiglio, tuttavia temiamo che le cose cambino a breve. Qui faccio una breve parentesi, perché ho letto spesso che la Germania sta seguendo tardi l’esempio italiano. Semplicemente la Merkel non può agire come Conte, non ha questi poteri. Molte restrizioni sono nate/stanno nascendo a livello locale nelle zone con i maggiori contagi per poi essere gradualmente estese. Il governo centrale detta delle linee guida, ma le leggi devono essere attuate dai singoli governi locali. Domenica la Merkel ha sentito tutti i presidenti delle varie regioni per attuare delle restrizioni uguali e in contemporanea su tutto il territorio tedesco”. Ma ci sono varie eccezioni locali in base al numero dei contagi.
Quali misure state adottando in questo periodo per precauzione?
“Cerchiamo di stare a casa il più possibile – spiega -. Da lunedì (16.03) lavoro per scelta da casa, scelta che però da oggi (era il 20 quando l’abbiamo intervistata) è obbligo infatti l’università di Jena per la quale lavoro è chiusa o meglio in stato di emergenza, per cui solo i responsabili di laboratori vitali che necessitano di regolare manutenzione hanno accesso. Ma ogni attività di ricerca e insegnamento è al momento sospesa“.
Parlando un po’ di te di cosa ti occupi adesso?
“Sono ricercatrice – racconta- presso il dipartimento di Mineralogia dell’università di Jena. Attualmente lavoro su un progetto che ha come obiettivo lo studio delle strutture e dei meccanismi di formazione dei vetri durante gli impatti di meteoriti sulla Terra”.
Quale messaggio vuoi mandare a chi ti conosce anche per tranquillizzarli?
“Io, Martin e il piccolo Emilio stiamo bene. Ci riteniamo molto fortunati perché possiamo lavorare con flessibilità da casa, abbiamo un piccolo giardino dove il nostro principino può giocare e godersi le belle giornate di sole primaverili e viviamo in periferia a due passi da campi coltivati e le passeggiate in solitaria sono qui sempre fattibili e anche se a volte fangose”.
Nonostante in Italia non si stia meglio vorresti essere a casa?
“Qui è la mia piccola famiglia, la mia casa e il mio lavoro -dice-. Più che essere a Palazzolo adesso mi piacerebbe sapere quando potremo tornarci e riabbracciare nonni, bisnonni, zii, cugini e amici. Questa incertezza è per me la restrizione più difficile da accettare. Il nostro viaggio di Pasqua è saltato. Abbiamo già i biglietti per agosto e speriamo di vero cuore di poter partire – in realtà speriamo di poter fare un salto in Sicilia anche prima. Questo virus sta mettendo in discussione la nostra libertà di viaggiare, di spostarci, di pianificare e in generale le nostre abitudini (sport davanti al PC, home office, compiti online). Penso che anche quando l’emergenza sarà finita niente sarà più come prima”.