Anche quest’anno, il 26 dicembre si rinnova la tradizione delle quarantore, nonostante la pandemia. Da giorno 26, quindi, al 28 dicembre 2020, per tre giorni, le quarantore sono iniziate dalla chiesa di San Paolo per continuare poi presso le altre chiese palazzolesi. Questa tradizione, a Palazzolo Acreide, si perpetua dal 1693, anno del terribile terremoto che sconvolse i paesi della Val di Noto. In seguito al famoso terremoto, vennero organizzate cerimonie, processioni e preghiere di espiazioni. Alcune cerimonie si svolgevano fino a pochi anni fa a Palazzolo, come il rituale che era conosciuto con il nome di ttrièppiti. Questo rituale, come si apprende dal lavoro di Luigi Lombardo, intitolato Catastrofi e storie di popolo (Zangarastampa, 1993), si traduce in italiano col termine tremiti.
Le quarantore: il rituale ttrièppiti
Il professor Lombardo descrive in modo particolareggiato questo rituale palazzolese: «alle ore 15, al suono della campana a mortorio (chiamata u murtuoriu) i fedeli si riunivano nella chiesa Madre dove ascoltavano la messa e la predica di un esperto padre Cappuccino, chiamato per l’occasione. Ad un punto preciso della predica, in cui il predicatore alzava il braccio e lo sguardo al cielo, il sagrestano colpiva ripetutamente un grande gong, mentre i fedeli lasciavano cadere a terra le pesanti chiavi e trascinavano ripetutamente le sedie sul pavimento, simulando così il terremoto».
Le 40 hore
Le Quarantore erano istituite come cerimonia riparatoria in tutte le città della Val di Noto. Il Papa del tempo, Innocenzo XII, concesse, inoltre l’indulgenza plenaria. Una lettera diocesana, del 12 dicembre 1693, istituiva, quindi, le Quarantore per placare l’ira divina provocata dalle empietà del popolo, credendo di “averla provocata col castigo mandatoci dalla sua onnipotente mano per mezzo della caduta di queste valli dall’orribili terremoti succeduti il 9 e l’11 gennaio”.
Le Quarantore: la lettera diocesana del 1693
Con questa lettera si ordinava a tutti i Sacerdoti di pregare “la Maestà Divina” per far cessare la sua ira e sperare nella sua misericordia. Così si imponeva al parroco della Matrice di esporre il Santissimo Sacramento per l’adorazione durante le 40 ore. Con questa lettera i Sacerdoti, i fedeli e tutte le congregazioni venivano invitati ad osservare questo rito di adorazione per impetrare la misericordia di Dio nei pericoli e ringraziarlo.
Pillole di storia del terremoto del 1693
Padre Giacinto Farina, nella sua Selva ci tramanda le relazione trascritta dal suo predecessore padre Giacinto Leone. La relazione estratta dalla Selva di Padre Giacinto Leone, descrive che venerdì 9 gennaio del 1693 alle ore 4 di notte vi fu un terribile terremoto, “con un danno positivo di case e di persone”. La domenica 11 alle ore 21 il terremoto replicò con un danno maggiore rispetto al primo e con moltissimi morti. A Palazzolo morirono 700 persone. Dalla relazione scritta dal notaio Cesare Sallucio si deduce che le persone che “furono oppresse dalle pietre giunsero al numero di mille”. Il notaio inoltre scrisse che non rimase “nessun vestigio e specialmente la bella chiesa Madre e il suo campanile”, degno di essere guardato per la sua bellezza. La gente rimasta viva speravano che l’ira di Dio si placasse, per essere liberati da ogni male.
Le quarantore: Indulgenza plenaria per il terremoto
Il vescovo di Siracusa monsignor Adrubale Termini, nel 1697, ordinava di esporre il Santissimo Sacramento nei giorni 9, 10 e 11 gennaio. Egli esortava tutte le confraternite a venire a pregare. Il vescovo Termini desiderava che gli uomini andassero a pregare l’11 e le donne il 12. Durante i tre giorni dell’Esposizione si pregava il Santissimo con queste intenzioni: il primo giorno per i morti del terremoto; il secondo per “salvar noi” e il terzo giorno era di ringraziamento. Infine concedeva l’indulgenza plenaria ottenuta dal Papa Innocenzo XII a tutti coloro che si fossero confessati e comunicati durante questo rito.