Nell’ultimo secolo la tecnologia ha fatto passi da gigante in tutti i campi. In particolare nel settore robotico e biomedico, gli studi stanno regalando a persone con invalidità parziali prospettive di vita decisamente migliori. Oggi vi raccontiamo la storia di Loretana Puglisi, una cittadina di Palazzolo Acreide, che ha partecipato alla sperimentazione di una protesi bionica.
Una protesi che riconosce le percezioni tattili
Loretana Puglisi, imprenditrice di 54 anni di Palazzolo Acreide, nel 2016 ha un drammatico incidente sul lavoro in cui perde la mano sinistra. Non staremo qui a spendere parole su come e quanto un evento del genere stravolga la vita di una persona. Riteniamo molto più importante parlare di come la ricerca tecnologica non abbia lasciato sola Loretana, ma continui a proseguire i suoi studi per rendere migliore la vita di tante persone che subiscono dei traumi di questo tipo. La signora Puglisi, infatti, con grande forza d’animo si è proposta come volontaria in una ricerca dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Sant’Anna. Questo studio aveva come obiettivo quello di ricreare delle protesi che non solo potessero sostituire i movimenti meccanici dell’arto amputato, ma anche avvicinarsi alle più comuni percezioni tattili.
È così partita una sperimentazione durata sei mesi, in cui a Loretana Puglisi è stata impiantata questa protesi che, grazie ad un codice che permette alla mano bionica di trasmettere ai nervi del braccio amputato le varie percezioni tattili, ha dato una speranza a tante persone amputate di avere una migliore qualità di vita.
Il caso di Loretana spiana la strada della ricerca
Al termine del periodo di sperimentazione, gli studiosi hanno deciso di implementare le loro ricerche. Il prossimo obiettivo, infatti, sarà quello di eliminare i cavi necessari a collegare la protesi e lo zainetto con le batterie. Verranno infatti sostituiti da un pacemaker e da una connessione wireless. In questo modo sarà molto più semplice utilizzare la protesi quotidianamente.
Il riscontro più bello, al di là di quello prettamente ingegneristico, è quello umano. Loretana Puglisi, infatti, ha espresso grande gioia e soddisfazione per la sperimentazione. Ha affermato, infatti, che l’apparato le «ha dato la possibilità di risentire sensazioni che non sentivo da quasi tre anni». La volontaria, inoltre, ha descritto la sua esperienza come realmente «eccezionale, nata per pura curiosità personale, ben presto tramutatasi in gesto altruista avendo la convinzione che tanti altri dopo di me ne possano usufruire».
La sua speranza è quella che il progetto di sperimentazione possa tramutarsi in una possibilità vera e propria di utilizzo per le persone amputate. Tutto questo sembra realmente vicino, stando alle parole di Silvestro Micera, coordinatore della ricerca. Il ricercatore, infatti, ha affermato che nel giro di due anni dovrebbe partire la sperimentazione con pacemaker. E di lì il passo ad un utilizzo quotidiano e una distribuzione su più larga scala sarebbe una concreta possibilità.