“Semel in anno licet insanire”: questa è una frase che in molti avranno sentito dire, associandola al Carnevale e alla possibilità una volta l’anno di abbandonarsi al divertimento. E a Palazzolo la storia di questa manifestazione è molto antica: affonda le sue radici in antiche processioni che si facevano durante le feste liturgiche con la partecipazione di persone mascherate.
Intorno al Diciottesimo secolo a Palazzolo dopo il Carnevale per la festa della Madonna Odigitria alla processione partecipavano le “’ntuppatieddi”, donne mascherate, e poi anni dopo anche i “mantarri”, durante il carnevale. Poi sfilavano carretti con donne e uomini vestiti con coperte e attrezzati di “fischiettu” e “tammuru”. Poi negli anni Cinquanta in corteo c’erano anche le “lape” infiorate, i primi carri allegorici di cartapesta, i primi carri di Turi Rizza e poi quelli dei Costa, dei Chicchiriddi, dei Fazzino, dei Merlino. E dopo le sfilate alla mezzanotte del martedì, il carro del “Re Carnevale” veniva bruciato all’inizio di via San Sebastiano. E poi c’erano le maschere realizzate da don Ciccio Pastasciutta, raffiguranti la strega, il diavolo, il contadino, la testa d’asino.
E poi c’erano i tradizionali veglioni nelle piazze, luoghi ove ballare, come anche il Cinema Sardo, l’Odeon, il Municipio, la Spelonca.
Negli anni Settanta c’erano le sagre, da quella della salsiccia a quella dei Cavatieddi, che si teneva a San Paolo, e poi la “Sagra del dolce”.
Il personaggio più importante del Carnevale di Palazzolo è senza dubbio Turi Rizza, che con le sue divertenti trovate, allietava le giornate della manifestazione. Per alcuni anni è stato anche istituito un premio dedicato a lui, finalizzato a premiare la migliore maschera buffa. Spazio poi all’arte della cartapesta con i carri realizzati da Vincenzo Guglielmino (u scinziatu), Francesco Caldarella, Sebastiano Di Paola e i giovani di oggi, che negli anni hanno dato vita a delle vere e proprie opere d’arte in cartapesta.