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Una tradizione natalizia raccontata da Turi Rovella

Una tradizione natalizia: Presepe a san Michele Natale 2020

Il nostro concittadino poeta, Turi Rovella, in un opuscolo sul Natale ci parla di questa festività e di alcune tradizioni e in particolar modo di una tradizione natalizia. Ringrazio la figlia di Turi, Aretusa, per avermi fornito questo prezioso scritto del padre. Turi Rovella scrisse che “il Natale storicamente, non compare come festa di natività, né in Tertulliano, né in Origene e fino a tutto il V secolo”. Ma le origini del Natale si possono far risalire ad origini pagane quando cioè presso i Romani veniva festeggiato il Natalis Solis Invicti. Il 25 dicembre i Romani festeggiavano il solstizio d’inverno in onore al Dio Mitra. La  Chiesa ha voluto dare un significato nuovo al natale pagano. La solennità natalizia celebra, quindi, per noi cristiani, la manifestazione del Verbo di Dio agli uomini.

Una tradizione natalizia: Il Natale della nostra tradizione

Secondo la nostra tradizione, scrive Turi, il periodo natalizio iniziava il 16 dicembre quando un cieco cantastorie girava di porta in porta per sapere chi voleva “prendere la novena”. Il cantastorie cantava “una strofetta, accompagnata dal violino”. Se questa strofa chiamata “Ninnaredda”, era accettata, il cantastorie segnava con il carbone la casa dove “portare la novena per tutto il periodo natalizio”. Fino al 1867, il cantastorie cantava queste novene nelle ore notturne. Dal Pitrè, però, apprendiamo che queste “cantate” vennero spostate al mattino, perché “la notte stuzzicava i delicati nervi dei padri della patria”.

Presepe allestito davanti la chiesa di San Michele 2020
Natale 2020: Presepe allestito nella piazza- sagrato della chiesa di San Michele

Una tradizione natalizia: Composizioni delle “Cantate”

Tra le tante canzoni natalizie, che venivano intonate dal 1700 in poi, vi era U viaggiu dulurusu di Maria SS. e lu Patriarca San Giuseppi in Betlemmi, scritto da Antonio Diliberto, canonico monrealese con lo pseudonimo Benedetto Annuleri. Il Pitrè recuperò la canzonetta siciliana, divisa in nove giorni. Ogni giorno venivano cantate nove strofette di versi ottonari.

Natale 1988: Presepe vivente 1988
Palazzolo: presepe vivente 1988 (foto Santoro Ugo)

Una tradizione natalizia: Descrizione delle “Cantate”

Rovella descrive e sintetizza i nove giorni. Il primo giorno narra che “San Giuseppe sente l’editto di Augusto e tornato a casa porta a Maria ‘una nova dulurusa’, e le dice che non sa se partire lui solo o insieme a Lei. San Giuseppe recita: «sempri peni aju a pruvari /o sia sulu o accumpagnatu/sarò sempri adduluratu». Maria lo rassicura dicendogli che dovranno partire insieme e gli dice: «Cori granni, o spusu mio/ccussi voli lu miu Diu».  San Giuseppe viene  rassicurato, infatti il secondo giorno inizia così: «A stu affettu i Maria/San Giuseppi ralligratu rispunniu/Signura mia/vui m’aviti cunsulatu/Vi ringraziu mia signura/miu cunfortu e mia vintura».

Una tradizione natalizia: La novena del cantastorie

La novena del cantastorie finiva un giorno prima di Natale con la nascita di Gesù. L’ultima strofa finiva infatti con “0 ch’ucchiuzzi sapuriti!/ Chi linguzza ncatnatedda!/ Veramenti beddu siti,/ la pirsuna tutta è bedda./ Tu si beddu, fighiu miu,/ ma cchiù beddu cha si Diu”. Il cieco cantastorie e lo zampognaro, dice Rovella, utilizzavano come strumenti anche le nacchere, dette scattagnette, i tamburelli, lo zufolo e lo schiacciapensiero. Invece chi poteva pagare di più, “noleggiava un’orchestrina vera e propria, composta generalmente da un violino, un contrabbasso e un flauto.

La cena natalizia

La Cena natalizia, scrive Rovella, era rallegrata dal vino, da sfinci cioè pasta frolla fermentata e condita con miele o zucchero. La ricetta è la stessa per crispeddi o zzìppuli. Altri piatti natalizi erano la pasta caciata, il baccalà fritto con cipolline tenere, anguille, murene, le paste reali. Famosi i dolci quali “a cutugnata ri Nutu” (la cotognata di Noto); “a petra fènnula ri Mòrica”, che era un impasto indurito e composto da mandorle, miele, scorza di cedro o di arancia, chiamato anche “a citrata ri Mòrica”; i cuddureddi di Catania; “a ggiggiulena i Sarausa”.

Palazzolo: Presepe vivente 1989 (foto Santoro Ugo)
Palazzolo Acreide: Presepe vivente 1989(idea Tidona) (Foto Santoro Ugo)

Ricetta della  ggiggiulèna

Questo dolce è chiamato “Cubbaita”, ma nella sicilia orientale giuggiulèna, nome di origine arabo, che indica i semi di sesamo.Per prepararla sono necessari i seguenti ingredienti: 300 gr di sesamo; 50 gr di miele; 100 gr di zucchero; un limone. Preparazione: 1.Versare tutto dentro una pentola, mettere su una fiamma bassa e mescolare continuamente fino a quando il sesamo comincerà a brillare (cioè quando gli zuccheri saranno caramellati), mentre in cucina si diffonderà un caratteristico profumo di sesamo caramellato.

La ricetta (seconda parte)

2. A questo punto versare il composto su una spianatoia bagnata (preferibilmente di marmo), e spianare la massa con le mani bagnate o un limone (che dà un lievissimo profumo di agrumi al dolce e permette di non bruciarsi le mani). 3. Se la si vuole rendere più appetibile (soprattutto agli occhi dei bambini) cospargerla con dei confettini colorati, e tagliare subito (prima che indurisca) a strisce e poi a rombi, lasciare asciugare per un giorno e sistemare il tutto in porzioni individuali. (https://wikibooks.org/wiki/Libro_di_cucina/ricette/Girgiulena).

Usi popolari natalizi a Siracusa

Il professore Turi Rovella scrive che “nei paesi marinari, compresa Siracusa, durante la notte di Natale si apprendono le orazioni per scongiurare “a cura i drau” (la coda del dragone) e le trombe marine. Si apprendono inoltre formule, rivelazioni o segreti magici che dovevano essere ripetuti affinché non si perdesse la memoria”. Inoltre in quasi tutto il Siracusano si contano i carénnuli (le calende di Natale), cioè i dodici giorni  precedenti la notte santa. In questo modo  si credeva di indovinare il tempo dei dodici mesi dell’anno nuovo. Per esempio se il giorno di santa Lucia, il 13 dicembre, primo giorno delle calende, era una bel giorno; allora gennaio sarebbe stato asciutto. A questa credenza si rifanno alcuni proverbi come quello di Palazzolo Acreide e cioè “Ri li cariènnuli si canusci l’annata”.

Una tradizione natalizia raccontata da Turi Rovella ultima modifica: 2020-12-24T09:00:00+01:00 da Luisa Itria Santoro

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