Nel 1981 un palazzolese, Arturo Messina, scrisse Giovanni Verga e Giuseppe Fava: due avvocati e giornalisti processano la Sicilia a distanza di un secolo. Affinità e differenze tra i due scrittori e la loro opera più rappresentativa:” I Malavoglia” e “Prima che vi uccidono”. I due romanzi, anche se pubblicati a distanza di un secolo presentano lo stesso ambiente “di miseria economica e morale”. L’ambiente era tormentato da un retaggio “a rassegnarsi agli eventi, anche se siamo convinti che altro non siamo che vinti”. Sul concetto dei “vinti”, il Messina inizia a mettere in evidenza le differenze fra le due opere, sia dal punto di vista del contenuto che dal punto di vista formale.
Verga e Fava: I Vinti Verghiani
I “Vinti” in Verga “sono vittime del destino, immanente e insieme trascendente all’esistenza umana, che lotta per migliorare la propria esistenza ma è costretta a subire”. I vinti di cui parla Fava sono delle vittime della struttura sociale. Arturo Messina dice che “i vinti, in Fava, sono dei capri espiatori di un sistema di violenza organizzato che presume di possedere l’etichetta dell’onorabilità”. I Temi verghiani volevano dimostrare che “nessuno può ribellarsi al proprio destino e che di conseguenza il popolo non può e non deve pretendere nulla, di uscire dal proprio ambiente per tentare di migliorare la propria condizione”. Infelici e miserabili si nasce.
I Vinti Faviani
Secondo Fava, infelici e soprattutto delinquenti non si nasce, ma si diventa per colpa della società che “sia nelle sue strutture sia nelle sue istituzioni viene “violentata” dagli uomini”. Mentre Verga è fatalista, Fava è ottimista perché crede ad un domani migliore. I Malavoglia hanno come protagonista il mito del focolare domestico. L’estrazione sociale del Verga, di fede liberale, “gli impedì di arrivare ad un atteggiamento politico vero e proprio. Lo ancorò ad un conservatorismo crispino e monarchico” che rifiutava quell’idea d’un popolo che scuoteva le catene di un atavico servilismo.
Giuseppe Fava
Fava ha un’estrazione sociale diversa: è figlio di un maestro elementare di paese. A Catania, durante gli studi universitari, Fava inizia a fare le sue esperienze politiche tra le file del partito liberale, ma poi cambia e si orienta verso la sinistra. Il Messina dice che Fava “non tollera di essere inquadrato in un partito come quello comunista, perché le grandi personalità non seguono le correnti, sia letterarie che politiche, ma diventano capiscuola”. Fava non incita alla rassegnazione come il Verga, lui parla di ribelli e non di vinti.
I mali siciliani
I mali di fine ottocento sono molto diversi da quelli del periodo in cui visse Fava. Anche se peggiorati intorno al 1980, Fava dice che “non ci si può rassegnare, ma occorre lottare, perché non è tutto perduto e solo chi si abbatte è del tutto spacciato”. Il Messina spiega che “ribellarsi non significa sovvertire il valore della legge sacrosanta che regola la collettività. Non vuol dire farsi giustizia da sé. Ma vuol dire collaborare, costruire mattone su mattone una società diversa che si trasforma e migliora con la sforzo continuo di tutti”. Invece Verga parla della Sicilia umile e accetta il fatto compiuto e lo fa accettare a coloro che sono le vittime.
Verga e Fava
Giuseppe Fava e Giovanni Verga sono due uomini, due artisti, sono due inquisitori di una stessa terra. Arturo Messina dice che “la loro vita, come la loro opera sta alla loro funzione sociale, così come il loro estinguersi sta ai motivi ispiratori, alle componenti essenziali della loro stessa arte”. Nei Malavoglia “vi è il racconto di uno studio sincero del come devono nascere e svilupparsi le prime inquietudini verso il benessere. In Prima che vi uccidano, invece, la soluzione del problema sociale è additata. Tutti i personaggi si muovono per cambiare la società e si ribella ad essa.