Anche Palazzolo festeggia i cento anni dalla nascita di Franco Zeffirelli (12 febbraio 1923-12 febbraio 2023). BCSicilia, sezione di Palazzolo Acreide, il 17 febbraio alle ore 18, presso il Museo dei Viaggiatori, ha organizzato un incontro per omaggiare uno dei maggiori e importanti registi del novecento italiano. Presenzieranno all’incontro il Sindaco Salvatore Gallo, la dott.ssa Francesca Gringeri Pantano direttrice del Museo dei Viaggiatori, il dott. Luigi Lombardo presidente BcSicilia, sezione Palazzolo, Enzo Buccheri presidente Lions club di Palazzolo, Marco Russo, presidente Rotary club “Valle dell’Anapo”. Alle ore 19 saranno proiettati alcuni frame della Cavalleria Rusticana, film-opera di Zeffirelli e Storia di una Capinera. Coordina la serata Giuseppe Bennardo Location-Manager, che ringrazio per la sua disponibilità a raccontarmi alcuni momenti trascorsi con Zeffirelli durante i film girati a Palazzolo e dintorni.
Franco Zeffirelli
Zeffirelli esordì come scenografo, curando la messa in scena di Troilo e Cressida diretta da Luchino Visconti dopo aver frequentato l’accademia di Belle Arti a Firenze. Il cognome gli venne dato dalla madre inventandolo e pensando agli Zeffiretti da llia nell’Idoeneo di Mozart. Da questo momento il suo destino era legato inseparabilmente al mondo dell’arte e del bello. Zeffirelli è un uomo di fede in Dio, infatti egli dice: La fede è un dono, ne sono certo. L’ho avuto e devo tenerlo stretto. Bonura Alessia scrive in un suo articolo su Zeffirelli che “quel dono lo volle condividere con il suo pubblico e con il mondo intero. Infatti, sia Fratello Sole Sorella Luna, le cui canzoni ancora oggi sono un caposaldo delle messe domenicali italiane- nel film alcune interpretate da Claudio Baglioni- sia Gesù di Nazareth sono intrisi di quel cattolicesimo tanto caro al Maestro.
La passione per il teatro
La passione per il teatro influenza le sue scelte di vita. L’opera lirica è anche una sua passione trasmessa dagli zii che lo crescono dopo la morte della madre. Questa passione lo conduce ad allestire la scenografia di Livietta e Tracollo di Pergolesi. All’amore per l’opera – che descriverà nella sua autobiografia, edita da Arnoldo Mondadori nel 2006, “la più assoluta e la più completa fra le arti dello spettacolo, perché le riunisce tutte: musica, canto, dramma, scenografia, coreografia” – si affiancherà quello per la regia. Del maestro, la Fondazione, a lui dedicata, conserva 250 opere tra disegni, figurini di costumi e bozzetti di scena, ma anche tanto altro.
Zeffirelli e Bennardo a Palazzolo Acreide
Palazzolo vanta alcune scene dei film girati da Zeffirelli: Cavalleria rusticana e Storia di una capinera. Per entrambi i film è stato chiamato il nostro concittadino Giuseppe Bennardo, come Location manager, cosa di cui il nostro paese può essere orgoglioso. La figura di Location Manager è importante e viene chiamata dalla produzione per individuare i luoghi che più si adattano alla narrazione dei film. Bennardo mi racconta che ha avuto la fortuna di vivere quest’esperienza, sia per Cavalleria rusticana, girata nel 1981, sia per Storia di una Capinera del 1993.
I luoghi più adatti
Assieme a Zeffirelli, Bennardo scelse a Palazzolo i luoghi più adatti ai film, anche se per Cavalleria Rusticana Zeffirelli aveva già scelto la chiesa di San Sebastiano. Per Bennardo è stato un onore quindi lavorare per un maestro di così alto livello, un artista a 360 gradi. Zeffirelli aveva iniziato da scenografo e successivamente ampliato il suo percorso fino ad arrivare a dirigere i suoi film con una grande perfezione grazie, anche, alla meticolosità di scenografia e di costumi.
Storia di una Capinera (1993)
Per la “storia di una capinera”, il mio ruolo, – dice Bennardo, – è stato apprezzato perché fui di nuovo chiamato ad assistere Zeffirelli ed accompagnarlo nei luoghi palazzolesi, dove il maestro girò alcune scene. In primo luogo a “Beddafame”, (Borgo Vallefame), luogo in cui, nel film, i contadini lavano la carrozza dove viaggiavano Maria e i suoi. Poi nel quartiere di san Paolo, compresa la piazza tra la chiesa Madre. E la chiesa di San Paolo dove viene girata la scena della peste. In questa location adibita a piazza ottocentesca, si respirava un’atmosfera eccezionale, che riportava a quei tempi e a quelle situazioni descritte dal Verga.
L’esperienza con Zeffirelli
L’esperienza con Zeffirelli, mi racconta ancora Bennardo, è stata particolare anche perché il maestro esaltava Palazzolo per il fatto che il paese, vantando varie stratificazioni culturali, –periodo greco, barocco e liberty- poteva e può essere considerato uno studio di ripresa a cielo aperto. Il nostro Location-Manager per questa considerazione fu pieno di gioia, la considerò molto interessante tanto da essere incoraggiato a portare altri registi a Palazzolo. Infine a Vizzini, Bennardo fu aiuto dell’aiuto-registra di Zeffirelli, esperienza molto importante e positiva.
Storia di una capinera: recensione
Zeffirelli sognava di portare questa storia sullo schermo da quando era aiuto di Visconti sul set de La terra trema. Nella versione di Franco Zeffirelli per lo schermo la storia è messa in scena con il gusto sicuro del grande impaginatore di melodrammi formatosi alla scuola viscontiana. Per cui se l’opera di Verga è lirico-psicologica, il film è storicistico-formale nel visualizzare ambienti e situazioni che nel libro intravediamo negli stati d’animo sempre più alterati di Maria, come scrisse Alessandra Levantesi, ne ‘La Stampa’ del 12 febbraio 1994.
Cavalleria rusticana: recensione
Girata tra Palazzolo e Vizzini, Cavalleria Rusticana è, come spiega lo stesso Zeffirelli, “uno strano misto di finzione teatrale e realtà della vita contadina. Un flusso e riflusso del teatro nella verità e della verità nel teatro”. La breve storia del tradimento di Lola, rivelato dalla gelosa Santuzza si dipana senza contraddizioni fra le scenografie della Scala e le stradine lastricate di pietra che portano alla scalinata davanti alla chiesa e alla piazza dove la festa si scioglie in tragedia. Nel film c’ è tutto o quasi: la Sicilia di Verga, con i suoi colori nitidi e violenti e quella di Mascagni, granitica e irruente, come scrisse Roselina Salemi in un articolo di Repubblica del 12 dicembre 1984.